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Stati Uniti d’Europa: un’utopia necessaria

La bufera sull’Europa si è così abbattuta più devastante di quanto si potesse immaginare. È facile supporre che presto ne arriveranno altre. Gli effetti distruttivi del vento politico e geopolitico che soffia dagli Stati Uniti erano comunque da prevedere. Adesso si inizia a contare i primi danni. Tutto viene messo in discussione: i valori e le politiche di welfare innanzitutto, ma anche la tradizionale produzione industriale, senza contare l’idea di democrazia bilanciata e partecipata, così pure il ruolo della difesa internazionale e la concezione delle alleanze rispetto al conflitto a danno dell’Ucraina e a quello, sanguinoso e ormai storico, a danno sia della legittima aspirazione del popolo palestinese ad avere un proprio Stato sia della giusta aspirazione di Israele alla propria sicurezza.

Anni e anni di crisi trascurata hanno eroso tutti i pilastri fondamentali della democrazia e del ruolo unitario dell’Europa. Ci si è trovati pertanto divisi e impreparati all’offensiva armata di Putin, alle scelte devastanti del duo Trump-Musk e all’agire sornione della Cina. L’Unione Europea ad assetto confederale ha indubbiamente le sue gravi responsabilità, ma la cura non consiste nel regredire verso la rovinosa soluzione neonazionalista, che ha la responsabilità di ben due guerre mondiali.

La crisi richiede piuttosto un piglio progettuale per andare avanti e avviare un percorso nuovo e progressivo, in grado di realizzare finalmente la visione federalista e sociale di Ventotene. Solo così potremo avere un’Europa completa, rigenerata e motivante, intenta a ripensare il suo modello di sviluppo per renderlo realmente sostenibile socialmente e ambientalmente, capace inoltre di aprire una stagione inedita di partecipazione e di promozione di una nuova governance globale, come da tempo ci richiedono le drammatiche sfide delle tante guerre, delle diffuse disuguaglianze,  del cambiamento climatico, dell’espansione delle dipendenze, della presenza sempre più pervasiva delle mafie e delle spinte incontrollate delle innovazioni tecnologiche dovute all’intelligenza artificiale.

Il variegato mondo del Volontariato non deve percepirsi estraneo alle intemperie attuali. Non può nascondersi dietro il riparo del suo pur importante e insostituibile “fare quotidiano”. Deve piuttosto uscire allo scoperto e ricorrere al suo altrettanto importante “essere cambiamento” per sentirsi in condivisione con il fermento che sta scorrendo dal basso lungo i territori e per rendersi partecipe delle ansie e speranze di questo nostro tempo europeo e globale così travagliato e a rischio.

Luciano Tavazza ha accompagnato la vita del Volontariato lungo le contraddizioni della propria fase storica rendendolo attento e capace di coinvolgere l’impegno dei giovani, delle donne e degli uomini che desideravano caratterizzare e segnare la società, come indicato nei principi fondamentali della nostra meravigliosa Costituzione. Non è azzardato sostenere che si è forgiata via via una sorta di “pensiero e metodo Tavazza”, che attraversa il fluire del tempo e ci aiuta anche oggi a ripensare e riprogettare il cambiamento sia quello più interiore che quello più sociale e politico.

Da diversi mesi, si è aperto un dialogo intenso e fecondo tra l’Associazione Luciano Tavazza e il Dipartimento di Studi Politici e Sociali dell’Università di Salerno, ben guidato dal professor Massimo Pendenza. Si è pensato quindi di organizzare un momento di riflessione, per il 14 Aprile, proprio sul “pensiero e metodo Tavazza”, per aiutare le Organizzazioni di Volontariato a non subire passivamente la “bufera” e dare una mano soprattutto alle nuove generazioni di volontari a costruire un’Europa all’altezza del suo destino di pace, giustizia e salvaguardia del Creato.

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